Per il ricercatore spirituale che intraprende il sentiero del Kriya Yoga, la mappa dei cinque corpi, o Kosha, non è una semplice teoria filosofica, ma una realtà sperimentale tangibile che guida ogni aspetto della pratica. Comprendere la loro profonda correlazione significa comprendere la stessa meccanica della trasformazione interiore, alchemica, a cui il Kriya aspira. Non si tratta di strati separati impilati l’uno sull’altro, ma di dimensioni interpenetranti di un unico essere, in costante e dinamico dialogo, dal più denso al più sottile.
Il nostro viaggio inizia con il corpo fisico, Annamaya Kosha, il tempio tangibile attraverso cui operiamo. Spesso considerato il più grossolano, è in realtà il terminale sacro dove tutte le influenze dei corpi sottili si concretizzano. La sua salute, la sua postura, la sua quiete, non sono un preliminare, ma un risultato e uno strumento simultaneo. Un corpo teso o malato disturba il flusso dell’energia vitale, così come un corpo sano e rilassato diventa una base stabile per l’ascesa della Kundalini. La pratica delle asana e la disciplina della vita quotidiana nel Kriya non sono fini a se stesse, ma servono a rendere questo tempio un ricettacolo puro e sensibile.
Da questo tempio materiale si eleva il corpo energetico, Pranamaya Kosha, la forza vitale che anima e connette ogni cosa. È il ponte, il fulcro operativo del Kriya Yoga. Attraverso il Pranayama e le specifiche tecniche del Kriya, impariamo a non respirare solo aria, ma a dirigere consapevolmente il Prana stesso. Questo corpo è il grande regista delle funzioni fisiologiche e il veicolo immediato della nostra consapevolezza. Quando il Prana è tumultuoso, la mente è tempestosa; quando il Prana è regolato e potenziato, la mente si placa naturalmente, obbedendo al nuovo ritmo imposto dall’energia. È qui che agiamo direttamente per modificare gli stati interiori.
Il riflesso diretto del flusso del Prana è il corpo mentale, Manomaya Kosha, il regno inesauribile dei pensieri, delle emozioni e dei sensi. Questo involucro è spesso il principale ostacolo per il ricercatore, un lago le cui acque sono costantemente agitate dai venti del mondo esterno. Tuttavia, attraverso il controllo del Prana, il Kriya Yoga opera un’azione indiretta ma potentissima sulla mente. Non si cerca di zittire i pensieri con la forza, ma si calma la loro sorgente energetica. Un Prana equilibrato ed elevato produce automaticamente uno stato di quiete mentale, preparando il terreno per un discernimento più alto.
Questo discernimento è la funzione del corpo dell’intelletto, Vijnanamaya Kosha, la sede della volontà risoluta, dell’intuizione e della conoscenza che va al di là della logica. È la nostra guida interiore. Nel silenzio mentale indotto dalla regolazione del Prana, la voce di questo corpo sottile può finalmente farsi sentire. È la facoltà che dice “no” alle distrazioni e “sì” alla pratica quotidiana, che riconosce la verità al di là delle apparenze e che, nel profondo della meditazione, distingue il Sé dal non-Sé. Rafforzare Vijnanamaya Kosha significa sviluppare il “testimone” interiore, immobile e lucido.
Al di là di tutti questi, risplende il corpo causale, Anandamaya Kosha, l’involucro di beatitudine. Chiamato causale non a caso, poiché contiene in potenza il progetto della nostra esistenza, i semi karmici e le tendenze più profonde. È la matrice da cui tutto scaturisce. La sua relazione con il corpo energetico è fondamentale: Anandamaya Kosha è il progetto architettonico, mentre Pranamaya Kosha è la forza costruttrice che dà vita a quel progetto. Le impurità karmiche custodite nel corpo causale si manifestano come blocchi o distorsioni nel flusso del Prana, che a loro volta generano disarmonia mentale e fisica.
La potenza del Kriya Yoga sta nell’agire in modo integrato su questa intera catena. Partendo dalla disciplina del corpo fisico e, soprattutto, dal controllo diretto del Prana, si risale la corrente degli effetti verso la causa. Purificando il flusso energetico, si placa la mente, si risveglia l’intelletto superiore e, strato dopo strato, si dissolvono le impurità che velano la luce del corpo causale. L’esperienza della beatitudine di Anandamaya Kosha non è quindi un’aggiunta, ma la rivelazione naturale dello stato di purezza e allineamento di tutti i corpi sottostanti.
In questa visione, ogni tecnica di Kriya, ogni respiro controllato, ogni concentrazione, è un atto consapevole di armonizzazione cosmica. L’obiettivo finale è forare questi cinque involucri, come trafitti da un unico dardo di luce, per realizzare l’Essenza, il Sé immortale che è al di là di ogni velo, ma che si rivela proprio attraverso la trasparenza e l’unità di tutti i corpi, ora divenuti strumenti perfetti dello Spirito.
Il nostro sito usa i cookies per una miglior esperienza di navigazione. Visita la nostra pagina Privacy Policy per avere maggiori informazioni su come raccogliamo e trattiamo i dati sensibili raccolti.