Conclusioni del Confronto tra il Kriya Yoga di Babaji, l’Induismo e il Buddhismo
Il Kriya Yoga trasmesso secondo il lignaggio di Babaji rappresenta un sentiero spirituale profondo, sistematico e trasformativo, che affonda le sue radici nella vasta tradizione yogica dell’India, ma che al contempo si sviluppa come una via autonoma, dal carattere universale e non dogmatico. Esaminando i punti di contatto e le differenze con le grandi tradizioni religiose e filosofiche indiane, come l’Induismo e il Buddhismo, emergono elementi che permettono di collocare il Kriya Yoga in una posizione originale e potenzialmente unificante tra queste vie spirituali.
Con l’Induismo, il Kriya Yoga di Babaji condivide molti fondamenti concettuali e pratici: la terminologia sanscrita, l’importanza delle scritture tradizionali (come gli Yoga Sutra, la Bhagavad Gītā e le Upanishad), l’assunto della reincarnazione e della legge del karma come meccanismo di causa-effetto morale, nonché l’aspirazione finale alla moksha, ossia la liberazione dal ciclo delle nascite e delle morti (saṃsāra). Inoltre, l’attenzione alle discipline interiori, la meditazione e la realizzazione del Sé come realtà suprema (Atman = Brahman) costituiscono punti salienti di continuità.
Tuttavia, il Kriya Yoga di Babaji si distingue in maniera chiara per alcune caratteristiche che lo rendono più accessibile e funzionale in un contesto contemporaneo e globale. Prima di tutto, esso si presenta come un sentiero non settario, ovvero non legato a una religione specifica o a un culto esclusivo. Questo lo differenzia dall’Induismo tradizionale, che, pur nella sua varietà, è spesso radicato in pratiche rituali, in appartenenze casteali o in visioni teologiche legate a divinità particolari. Il Kriya Yoga, invece, propone una via esperienziale e diretta, in cui l’autorealizzazione è frutto della pratica regolare e della trasformazione interiore, e non dell’adesione a un sistema di credenze.
Un altro elemento di originalità è la sintesi di Yoga e Tantra, arricchita dalle influenze della tradizione dei Siddha del Tamil Nadu, una corrente mistica poco conosciuta in Occidente, ma di estrema profondità. Questo connubio integra tecniche energetiche, respiratorie e meditative, favorendo una purificazione completa dell’essere umano: fisica, emozionale, mentale ed energetica. L’obiettivo non è solo filosofico o teorico, ma eminentemente pratico: risvegliare le potenzialità latenti della coscienza attraverso un lavoro sistematico sui centri energetici (chakra), sul respiro (prāṇa) e sul controllo mentale (dhāraṇā e dhyāna).
Il lignaggio spirituale è un ulteriore elemento distintivo. Il Kriya Yoga di Babaji non si fonda su una molteplicità di scuole o su una trasmissione canonica basata sulle caste braminiche, ma su un filo ininterrotto di maestri realizzati, che ha nel Mahavatar Babaji la sua figura centrale. Babaji, come archetipo dell’Essere realizzato, non è oggetto di culto devozionale, ma incarnazione vivente dell’ideale yogico, un punto di riferimento per chi cerca la verità dentro di sé, al di là delle forme religiose.
Nel confronto con il Buddhismo, emergono parallelismi forse ancora più profondi, non tanto nella terminologia o nella cosmologia, quanto nel metodo e nell’orientamento esistenziale. Sia il Buddhismo che il Kriya Yoga pongono l’esperienza diretta come criterio centrale di verità: la liberazione non può essere ottenuta tramite dogmi, rituali esterni o intermediari, ma solo attraverso una trasformazione della coscienza, frutto della pratica costante. Entrambe le vie condividono anche l’accento sulla meditazione come strumento di trascendenza del sé egoico e di percezione della realtà nella sua natura ultima.
Naturalmente esistono differenze fondamentali, soprattutto sul piano ontologico. Il Buddhismo, in particolare nella sua forma originaria (Theravāda) e in parte nel Mahāyāna, rifiuta l’idea di un sé permanente (anatman) e non riconosce un principio assoluto come Brahman. Il Kriya Yoga, seguendo la tradizione vedantica, mantiene l’idea di un Sé eterno (Atman), identico alla realtà ultima (Brahman), e considera l’ego solo come una sovrastruttura temporanea. Tuttavia, al di là di queste differenze dottrinali, l’esperienza interiore cui entrambe le tradizioni mirano converge su un punto essenziale: la dissoluzione dell’illusione dell’ego e la realizzazione di uno stato di coscienza libero, non condizionato, colmo di pace e di intuizione profonda.
In definitiva, possiamo considerare il Kriya Yoga di Babaji come un sentiero sintetico ed evolutivo, che pur radicandosi nella millenaria tradizione indiana, si presenta in una forma estremamente adatta alla ricerca spirituale moderna: laica, transconfessionale, scientificamente strutturata e universalistica. La sua apertura, il rigore della pratica, e la sua capacità di armonizzare corpo, mente, energia e spirito, lo rendono non solo un ponte tra Induismo e Buddhismo, ma anche un valido paradigma di spiritualità integrale, capace di dialogare con ogni tradizione autentica e con le aspirazioni interiori dell’uomo contemporaneo.
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